CHE VITA DA CANI! (LIFE STINKS) |
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di Mel Brooks, con Mel Brooks, Lesley Ann Warren
(Stati Uniti, 1991)
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A proposito di misura, Mel Brooks: che si è costruito una carriera facendo il verso (talora riuscito, di solito non proprio intonato) ai vari miti hollywoodiani. Ma il tempo passa, e giunge il momento dei messaggi e dei bilanci. Del Mito principe, insomma: il pioniere e la frontiera, do it yourself che la fortuna, per non scomodarne altri, ti darà una mano. Eccolo allora il milionario californiano, tracotante più che perfido con chi dubita della sua perizia, a scommettere tutta la sua fortuna: abbandonatemi senza un soldo - e soprattutto senza una sola carta di credito - nel quartiere più disgraziato di Los Angeles. E vi dimostrerò come mi rifaccio una fortuna: il tutto in barba alla depressione postreaganiana. Si sa come finiscono queste cose: disperatamente clochardizzato fino a ritrovarsi esattamente agli antipodi di come la pensava dall'attico del suo grattacielo, il nostro non vincerà magari la sua scommessa, ma capitalizza in un modo che mai se lo sarebbe immaginato. Lui, perlomeno, non tanto noi spettatori Perché è proprio questa prevedibilità a minare l'encomiabile, come no, parabola di CHE VITA DA CANI. Non tanto perché da quelle parti son già passati Groucho Marx e Charlie Chaplin, De Sica, Camerini e, naturalmente Frank Capra: tutta gente con la quale convivere può anche essere bello. Ma perché, per un autore come Brooks poco abituato alle mezze misure, il dilemma è un altro: come far pensare senza far piangere. O, se preferite, come far ridere senza smettere di far pensare. E allora, se il filo è grosso, rimangono gli schemi, e l'artificio: quello che fa capo all'eterna difficoltà, per Hollywood, di mettere in scena gli stracci.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
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